Festa della Bruna-------La Bruna --------Il carro della Bruna
Matera: 2 Luglio
LA LEGGENDA E LA STORIA DELLA SAGRA DELLA BRUNA
(documenti tratti dallo “Speciale Bruna” - numero unico del 1978 - redatto dal Centro Diocesano Vocazioni - Via Ridola, 22 - Matera, ritrovato in un cassetto)Annotazioni riportate dal Sacerdote e Canonico Francesco Paolo Volpe (Matera 1779 - 1858) sulla Festa della Bruna nelle “Memorie storiche, profane e religiose sulla Città di Matera” (Cifarelli, Matera 1979).
VI. Rattrovavasi in quel tempo conte di Matera Gio: Carlo Tramontano, della contea investito sin dal 1498. Costui, ch’era al mestiere delle armi addetto, che in posto di capo Eletto del popolo avea in Napoli occupato, e che nell’arrivo colà del Re Cattolico riprove dato avea di splendidezza, colla formazione di un sontuosissimo arco trionfale, dovette, mosso da pietà e devozione, costituirsi autore della solennità con cui celebrar sogliamo la festività anzidetta, tutt’analoga al suo genio magnifico e militare. Conservar volle la memoria della pompa praticata nel ritorno dal giubileo, di cui era egli stato testimone oculare. E però istituir dovette la rappresentanza di finti reggimenti, contraddistinti da rispettive insegne e dalle bande a piè ed a cavallo con istrumenti musicali, ed introdurre l’uso del carro trionfale.
VII. Solcasi per lo innanzi la festività celebrare con siffatto apparato. I finti reggimenti percorreano l’abitato, e rompendo a gara l’aria, ne’ punti principali, con de’ razzi e tuoni artificiali, teneano in brio il popolo con lo strepito de’ tamburi e con la musica militare. Poscia verso il luogo incaminandosi ove costruir si suole il detto carro trionfale, un miglio circa discosto dalla città, in ordinanza lo precedeano e, unitamente al resto della pompa, menavanlo al duomo, come in memoria, trattandosi della Visitazione, del ritorno di Maria Vergine dalla visita fatta alla sua cugina S. Elisabetta nelle montuose parti della Giudea.
VIII. Era, ed è tuttavia, questo carro una mole colossale di due ordini interrotti, e guernita di figure istoriche a rilievo dell’antico testamento. Elevasi nella vetta del second’ordine maestosamente la statua della Vergine, sontuosamente abbellita. Nel piè di essa prende posto la musica istrumentale e vocale, che ne’ frequenti riposi canta in di lei lode inni e strofe. Dall’anzidetto luogo della costruzione levato viene da’ Canonici a cavallo in coppie, al numero di 33, decorati di cappamagna, loro accordata nel 1715 a premura dell’Arcivescovo D. Antonio Maria Brancacci (1) .
Li fa testa l’Arcivescovo con bandiera sventolata, cui serviva per lo innanzi da palafreniere il Sindaco, che conducea i lacci di seta con de’ fiocchi. Vanno essi preceduti dal popolo divoto messo in processione e per l’addietro l’andava pure, come si è accennato, dalle precitate bande de’ diversi reggimenti chimerici. Seguono in oggi il mentovato carro i militi regolari pel mantenimento del buon ordine, ed il resto del popolo.
Giunto al Duomo vi gira per tre fiate nella larga piazza che lo precede. Si discende di là la statua della Vergine che da’ precitati Canonici, di già smontati, vien restituita, processionalmente con de’ torchi accesi, al suo posto in Chiesa. Finalmente si abbandona il carro al popolo, il quale a gara agogna d’impossessarsi degli squarci di carta, che gelosamente serba per devozione: onde fa uopo annualmente rinnovarlo. Chiude la festa un trattenimento musicale sì dentro che fuora la Chiesa, ed in fine l’incendio d’un gran fuoco artificiale, alquanto dissimile nella mole dall’altro preceduto nella vigilia.
IX. In oggi la stessa solenne pompa mantiensi, tranne poche modifiche. L’ingresso in città del carro non ha più luogo nelle ore antimeridiane, come per l’addietro, ma nelle pomeridiane, in virtù di Sovrana disposizione de’ 16 gennaio 1787. Il Sindaco, per dichiarazione del Intendente della Provincia signor Petroni, non più guida il destriere dell’Arcivescovo (2). Infine la immaginaria milizia restò anche sovranamente soppressa, perché creduta poco onorevole per la vera.
X. Ad eccezione di siffatte modifiche la festività serba l’antica pompa: né cessa di gareggiare colle primarie del Regno, essendosi aumentati i parametri ecclesiastici, raddoppiate le illuminazioni e le bande, e sostituiti de’ personaggi abbigliati all’eroica con elmi e corazze; cosa alla circostanza più analoga, trovandosi le corazze chiamate una volta brune, e quindi atte a simboleggiare la protezion della Vergine, qual nostro usbergo e potente difesa.
(1) La cappella di questa Vergine è sotto la immediata dipendenza del capitolo metropolitano, il quale nel 1623 ingiunse al procuratore della stessa che si aumentasse la magnificenza nella festività. Con ragione quindi la pietà del nostro Re Francesco I, con decreto de’ 13 ottobre 1827, la ritenne di qualità ecclesiastica, rigettando le pretese di coloro che s’ingegnavano di farla incorporare alla beneficenza. Suoi principali benefattori sono stati gli Arcivescovi del Rios, e Brancacci, nel tempo che ressero la Cattedra di Matera, in modo che volgarmente si hanno come i suoi fondatori.
(2) Ciò avvenne a premura del Sindaco, che a tempi di quell’Intendente ne occupava la carica, ad onta dell’ammaestramento del Vangelo: qui minor est inter vos omnes, hic major est.
Ricordi, fatti, avvenimenti ed emozioni di Francesco Pentasuglia
"I ricordi dell’età trascorsa suscitano nella memoria una ridda di fatti, avvenimenti ed emozioni indimenticabili; ciò accade maggiormente ad un materano che ricorda, nello svolgere della propria esistenza, la festività della Madonna della Bruna, anch’essa non sottratta alla legge del trasformismo e del modernismo che attanaglia la nostra epoca e specialmente gli ultimi decenni.
Se poi devo approfondire i ricordi di autore di numerosi carri trionfali, eseguiti in numero di 24 tra il 1934 e il 1976, rievoco nella memoria e nella coscienza di materano non solo la passione, sostenuta dall’età giovanile degli inizi, ma anche l’ardore di propagare, attraverso la mia pur modesta opera, i principi e le immagini del Vangelo e della Religione.
Il soggetto del mio primo Carro “La annunciazione a Maria Vergine” si armonizza con i soggetti realizzati negli anni successivi: “La famiglia di Nazareth”, “Cristo che affida le chiavi a Pietro”, “La Chiesa e l’incredulità” (raffigurante Cristo risorto e S. Tommaso), “La samaritana”, “Il buon pastore”, “Il Re dei Re” ecc., soggetti questi che compendiano il messaggio cristiano dall’alba del Cristianesimo fino alla gloria della Chiesa e del Redentore.
Gli anni in cui sono stato l’autore del Carro trionfale, sono stati indimenticabili: giornate lavorative che iniziavano al levar del sole e terminavano al calar delle tenebre, sopportando sacrifici incalcolabili per portare a termine, con soddisfazione di tutti , l’opera alla data del 29 giugno.
Ho vivo ancora oggi il ricordo del momento in cui ho avuto coscienza della festività e del suo significato quando il mio papà mi conduceva in Cattedrale al rito di inizio della Novena.
Durante la celebrazione religiosa si intonava “O Maria, or che di gloria ..” – l’inno alla Vergine della Bruna cantato all’unisono dalla schola cantorum e dal popolo – inno, che, significativo nelle parole e melodioso all’orecchio, in me suscitava emozione mista a gioia spontanea.
Al termine della cerimonia, come avviene tuttora, l’incendio di batterie, il suono delle campane e le marcette della banda musicale suscitavano allegria e vivacità negli astanti.
Una devota tradizione, purtroppo scomparsa, era quella di portare in processione per le vie dei Sassi, dal 28 al 30 giugno, il Bambinello della madonna in braccio a un sacerdote accompagnato dalla banda musicale locale. Assai commovente era il momento in cui gli ammalati chiamavano in casa il Bambinello per chiedergli grazie e intercessione per lenire le proprie sofferenze.
Il 29 giugno è tradizionalmente dedicato alla visita al Carro nei locali del rione Piccianello. Visita questa quanto mai attesa dal popolo con grande ansia e curiosità dovuta alla novità che ogni anno accompagna il tema principale, lo stile, i colori e le decorazioni. Da ciò i vari commenti e apprezzamenti suscitati da questa e quella scena rappresentata.
C’è allora chi ricorda i soggetti da me rappresentati negli anni precedenti come “La conversione di S Eustachio” – protettore di Matera, “Il figliol prodigo”, “Gesù fra i dottori”, “L’infanzia della Vergine”, “Lo sposalizio della Madonna”, “Le apparizioni di Fatima e di Lourdes”, “La fuga in Egitto”, “L’inno alla Vergine” – tanto per citarli come affiorano alla memoria.
I giorni che mancano alla festività del 2 luglio sono un fermento di preparativi e di attesa crescente: dall’operaio che appronta gli ultimi ritocchi all’illuminazione, ai venditori ambulanti e alle baracche che pullulano di articoli di ogni genere.
Come in un sogno ricordo i primi tentativi di illuminare le vie cittadine: lampade ad olio colorate che pur nella loro semplicità riuscivano a decorare in maniera, a volte pregevole, i punti centrale della città. Spesso la buona riuscita della festa, data la precarietà del mezzo illuminante, era messa in pericolo dalle avversità atmosferiche che mandavano in fumo il sacrificio di tanto lavoro e la soddisfazione di vedere illuminato il passaggio del Carro e far da cornice alle esibizioni dei concerti musicali dell’orchestra.
Fortunatamente l’energia elettrica ha provveduto a sostituire le lampade ad olio e il gas acetilenico, dall’odore alquanto sgradevole, a tutto vantaggio del regolare svolgimento della festa specialmente nelle ore serali.
Il 1° luglio, la grande vigilia, è dedicato a prelevare la Madonna dalla Chiesa di S. Giuseppe detta “Monacelle”, dove le monache hanno provveduto a rivestire l’immagine della Bruna con l’abito della solennità. Il corteo formato dalle autorità, dal Vescovo e dal Clero in “cappa magna”, si snoda per il breve tragitto da Via Riscatto alla Cattedrale dove la statua sarà deposta su un fastoso trono. Il tutto è suggellato da fragorose batterie che hanno per spettatori anche i cavalli che l’indomani parteciperanno alla festa, tanto per abituarli alle detonazioni dei fuochi artificiali. In serata, le esibizioni dei concerti bandistici sotto l’illuminazione, delizieranno i non pochi appassionati.
La campana dell’Ave Maria sveglia Matera prima del sorgere del sole, e saluta il 2 luglio chiamando i devoti alla Messa mattutina che precede la tradizionale processione dei pastori.
Usanza antichissima che rappresenta oggi il ricordo di una tradizione che in origine compendiava tutta la festa dedicata dai pastori alla Madonna della Bruna, venerata prima di recarsi al lavoro non trascurabile neppure in quel giorno così fastoso.
Dai miei genitori ho sentito descrivere la scena caratteristica che si presentava al passaggio, per le vie dei Sassi, dei pastori che precedevano in doppia fila il quadro raffigurante la Madonna avendo in mano i ceri accesi e indossando i loro costumi schiettamente pastorali.
Quando i vecchi rioni di Matera erano abitati, la gente usciva sulle soglie delle case o si affacciava alle balconate naturali dei Sassi per scorgere, gioire e partecipare al passaggio della processione che risvegliava e animava le stradine anche per il fragore prodotto dagli scoppi dei mortaretti e filari di batterie. Tutt’altra cosa si presenta oggi la processione dei pastori, seguita da molti ma con diverso spirito e partecipazione di una volta ma affidata al popolo solo per conservare l’antica tradizione.
Alla conclusione della processione, i pastori, prima di raggiungere le greggi, solevano concludere la loro festa in una cantina nei pressi della Cattedrale,dove consumavano la colazione al suono degli organetti che spesso ritmavano con salti e balletti popolari.
Non si spegnevano ancora gli echi dei canti dei pastori che già la “Cavalcata” si riuniva e attraversava le strade principali per recarsi a prelevare il “generale” comandante lo squadrone dei cavalieri.
Di qui in avanti la tradizione è più o meno rispettata anche oggi.
I cavalieri fanno bella mostra della loro divisa sgargiante di tipo guerriero romano (simile a S. Eustachio) su cavalli ugualmente guarniti di finimenti luccicanti.
La cavalcata diventa così il primo nucleo della processione che dalla Cattedrale muove verso il rione Piccianello: un tempo le carrozze sostituite oggi dalle macchine, erano il mezzo su cui prendevano posto l’immagine della Madonna con il Decano del Capitolo Metropolitano e in un’altra il Vescovo con in braccio il Bambinello seduto su una sediolina.
Lanci di bombe e incendio di batterie concludono quest’altra fase della festa.
Nel pomeriggio il rione Piccianello diventa il punto di concentrazione di Clero, cavalcata, bande musicali e naturalmente di gran parte della popolazione che tutti insieme daranno l’avvio, dopo altri fuochi artificiali, alla processione più solenne della Madonna trionfante sul Carro. Lentamente, tra due ali di popolo stretto in ressa paurosa, raddoppiato dalla partecipazione di numerosi forestieri e dei materni emigrati rientrati per l’occasione, la processione, formata dalla cavalcata, dal Clero a cavallo e, su un cavallo bianco, dal Vescovo benedicente, si muove, tra la folla acclamante, attraverso il corso cittadino illuminato a giorno dalla festosa illuminazione, e si dirige sulla cattedrale dove il Carro eseguirà i “Tre giri” che la tradizione dedica alla SS. Trinità.
La folla accalcata all’inverosimile sul largo cattedrale a stento fa spazio per lo svolgersi dei giri, ed è un miracolo che mai si sia lamentato un incidente nonostante la pericolosità per la moltitudine di gente intervenuta.
Ciò nonostante, i giovani che con fragore partecipano davanti al Carro, insistono a volere l’esecuzione di ulteriori giri fino ad arrivare a cinque, sei e più ancora.
Mentre nella piazza centrale l’attesa diventa spasmodica ed impressionante per la distruzione del Carro, sulla Cattedrale alla conclusione dei giri, giunge il momento della deposizione della statua della Madonna dal Carro che si avvia verso il supplizio cui sarà sottoposto.
A questo punto mancano pochi momenti alla vera conclusione della festa; il centro della città ormai non basta più a contenere l’enorme calca creatasi in attesa del carro; tutti cercano di non battere ciglio per non perdere, neppure per un istante, l’assalto dei giovani e la distruzione del Carro.
Tutti gli assalitori puntano alle statue principali per impossessarsi dei trofei più prestigiosi, ma naturalmente non tutti riescono e ripiegano su angioletti e rilievi decorativi. La lotta è estenuante per salvare e mantenere integro il trofeo conquistato che viene conteso spesso a svantaggio dei contendenti e allora si vedono angeli senza braccia, statue decapitate e spezzoni lacerati ma tutti ugualmente soddisfatti e entusiasti per essere riusciti a conquistare un pezzo di carro che rappresenta il ricordo del 2 luglio di quell’anno.
E’ usanza, con le statue integre conquistate, addobbare e fare bella mostra di esse nelle masserie, cantine e locali di ogni genere.
Il sacrificio è ormai terminato; la festa è conclusa. Non rimangono che i commenti popolari sulla conclusione della solennità e qualcuno tra gli anziani esclama: “BENEDETT CHERA VARGN - MAGH A MAGH AQUAN C VAN (Benedetta quella Vergine, meglio sempre meglio quest’anno che viene)! "
Distruzione del Carro - Edizione 2008
Tema-intervista sulla Festa della Bruna dell'alunna Palumbo Silvia
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