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29 giugno 2008

Matera: Sagra della Madonna della Bruna

Sperando che non sia l'ultima edizione!!!


Festa della Bruna-------La Bruna --------Il carro della Bruna


Matera: 2 Luglio

LA LEGGENDA E LA STORIA DELLA SAGRA DELLA BRUNA

(documenti tratti dallo “Speciale Bruna” - numero unico del 1978 - redatto dal Centro Diocesano Vocazioni - Via Ridola, 22 - Matera, ritrovato in un cassetto)



Annotazioni riportate dal Sacerdote e Canonico Francesco Paolo Volpe (Matera 1779 - 1858) sulla Festa della Bruna nelle “Memorie storiche, profane e religiose sulla Città di Matera” (Cifarelli, Matera 1979).

VI. Rattrovavasi in quel tempo conte di Matera Gio: Carlo Tramontano, della contea investito sin dal 1498. Costui, ch’era al mestiere delle armi addetto, che in posto di capo Eletto del popolo avea in Napoli occupato, e che nell’arrivo colà del Re Cattolico riprove dato avea di splendidezza, colla formazione di un sontuosissimo arco trionfale, dovette, mosso da pietà e devozione, costituirsi autore della solennità con cui celebrar sogliamo la festività anzidetta, tutt’analoga al suo genio magnifico e militare. Conservar volle la memoria della pompa praticata nel ritorno dal giubileo, di cui era egli stato testimone oculare. E però istituir dovette la rappresentanza di finti reggimenti, contraddistinti da rispettive insegne e dalle bande a piè ed a cavallo con istrumenti musicali, ed introdurre l’uso del carro trionfale.
VII. Solcasi per lo innanzi la festività celebrare con siffatto apparato. I finti reggimenti percorreano l’abitato, e rompendo a gara l’aria, ne’ punti principali, con de’ razzi e tuoni artificiali, teneano in brio il popolo con lo strepito de’ tamburi e con la musica militare. Poscia verso il luogo incaminandosi ove costruir si suole il detto carro trionfale, un miglio circa discosto dalla città, in ordinanza lo precedeano e, unitamente al resto della pompa, menavanlo al duomo, come in memoria, trattandosi della Visitazione, del ritorno di Maria Vergine dalla visita fatta alla sua cugina S. Elisabetta nelle montuose parti della Giudea.
VIII. Era, ed è tuttavia, questo carro una mole colossale di due ordini interrotti, e guernita di figure istoriche a rilievo dell’antico testamento. Elevasi nella vetta del second’ordine maestosamente la statua della Vergine, sontuosamente abbellita. Nel piè di essa prende posto la musica istrumentale e vocale, che ne’ frequenti riposi canta in di lei lode inni e strofe. Dall’anzidetto luogo della costruzione levato viene da’ Canonici a cavallo in coppie, al numero di 33, decorati di cappamagna, loro accordata nel 1715 a premura dell’Arcivescovo D. Antonio Maria Brancacci (1) .
Li fa testa l’Arcivescovo con bandiera sventolata, cui serviva per lo innanzi da palafreniere il Sindaco, che conducea i lacci di seta con de’ fiocchi. Vanno essi preceduti dal popolo divoto messo in processione e per l’addietro l’andava pure, come si è accennato, dalle precitate bande de’ diversi reggimenti chimerici. Seguono in oggi il mentovato carro i militi regolari pel mantenimento del buon ordine, ed il resto del popolo.
Giunto al Duomo vi gira per tre fiate nella larga piazza che lo precede. Si discende di là la statua della Vergine che da’ precitati Canonici, di già smontati, vien restituita, processionalmente con de’ torchi accesi, al suo posto in Chiesa. Finalmente si abbandona il carro al popolo, il quale a gara agogna d’impossessarsi degli squarci di carta, che gelosamente serba per devozione: onde fa uopo annualmente rinnovarlo. Chiude la festa un trattenimento musicale sì dentro che fuora la Chiesa, ed in fine l’incendio d’un gran fuoco artificiale, alquanto dissimile nella mole dall’altro preceduto nella vigilia.
IX. In oggi la stessa solenne pompa mantiensi, tranne poche modifiche. L’ingresso in città del carro non ha più luogo nelle ore antimeridiane, come per l’addietro, ma nelle pomeridiane, in virtù di Sovrana disposizione de’ 16 gennaio 1787. Il Sindaco, per dichiarazione del Intendente della Provincia signor Petroni, non più guida il destriere dell’Arcivescovo (2). Infine la immaginaria milizia restò anche sovranamente soppressa, perché creduta poco onorevole per la vera.
X. Ad eccezione di siffatte modifiche la festività serba l’antica pompa: né cessa di gareggiare colle primarie del Regno, essendosi aumentati i parametri ecclesiastici, raddoppiate le illuminazioni e le bande, e sostituiti de’ personaggi abbigliati all’eroica con elmi e corazze; cosa alla circostanza più analoga, trovandosi le corazze chiamate una volta brune, e quindi atte a simboleggiare la protezion della Vergine, qual nostro usbergo e potente difesa.



(1) La cappella di questa Vergine è sotto la immediata dipendenza del capitolo metropolitano, il quale nel 1623 ingiunse al procuratore della stessa che si aumentasse la magnificenza nella festività. Con ragione quindi la pietà del nostro Re Francesco I, con decreto de’ 13 ottobre 1827, la ritenne di qualità ecclesiastica, rigettando le pretese di coloro che s’ingegnavano di farla incorporare alla beneficenza. Suoi principali benefattori sono stati gli Arcivescovi del Rios, e Brancacci, nel tempo che ressero la Cattedra di Matera, in modo che volgarmente si hanno come i suoi fondatori.
(2) Ciò avvenne a premura del Sindaco, che a tempi di quell’Intendente ne occupava la carica, ad onta dell’ammaestramento del Vangelo: qui minor est inter vos omnes, hic major est.


Ricordi, fatti, avvenimenti ed emozioni di Francesco Pentasuglia


"I ricordi dell’età trascorsa suscitano nella memoria una ridda di fatti, avvenimenti ed emozioni indimenticabili; ciò accade maggiormente ad un materano che ricorda, nello svolgere della propria esistenza, la festività della Madonna della Bruna, anch’essa non sottratta alla legge del trasformismo e del modernismo che attanaglia la nostra epoca e specialmente gli ultimi decenni.
Se poi devo approfondire i ricordi di autore di numerosi carri trionfali, eseguiti in numero di 24 tra il 1934 e il 1976, rievoco nella memoria e nella coscienza di materano non solo la passione, sostenuta dall’età giovanile degli inizi, ma anche l’ardore di propagare, attraverso la mia pur modesta opera, i principi e le immagini del Vangelo e della Religione.
Il soggetto del mio primo Carro “La annunciazione a Maria Vergine” si armonizza con i soggetti realizzati negli anni successivi: “La famiglia di Nazareth”, “Cristo che affida le chiavi a Pietro”, “La Chiesa e l’incredulità” (raffigurante Cristo risorto e S. Tommaso), “La samaritana”, “Il buon pastore”, “Il Re dei Re” ecc., soggetti questi che compendiano il messaggio cristiano dall’alba del Cristianesimo fino alla gloria della Chiesa e del Redentore.
Gli anni in cui sono stato l’autore del Carro trionfale, sono stati indimenticabili: giornate lavorative che iniziavano al levar del sole e terminavano al calar delle tenebre, sopportando sacrifici incalcolabili per portare a termine, con soddisfazione di tutti , l’opera alla data del 29 giugno.
Ho vivo ancora oggi il ricordo del momento in cui ho avuto coscienza della festività e del suo significato quando il mio papà mi conduceva in Cattedrale al rito di inizio della Novena.
Durante la celebrazione religiosa si intonava “O Maria, or che di gloria ..” – l’inno alla Vergine della Bruna cantato all’unisono dalla schola cantorum e dal popolo – inno, che, significativo nelle parole e melodioso all’orecchio, in me suscitava emozione mista a gioia spontanea.
Al termine della cerimonia, come avviene tuttora, l’incendio di batterie, il suono delle campane e le marcette della banda musicale suscitavano allegria e vivacità negli astanti.
Una devota tradizione, purtroppo scomparsa, era quella di portare in processione per le vie dei Sassi, dal 28 al 30 giugno, il Bambinello della madonna in braccio a un sacerdote accompagnato dalla banda musicale locale. Assai commovente era il momento in cui gli ammalati chiamavano in casa il Bambinello per chiedergli grazie e intercessione per lenire le proprie sofferenze.
Il 29 giugno è tradizionalmente dedicato alla visita al Carro nei locali del rione Piccianello. Visita questa quanto mai attesa dal popolo con grande ansia e curiosità dovuta alla novità che ogni anno accompagna il tema principale, lo stile, i colori e le decorazioni. Da ciò i vari commenti e apprezzamenti suscitati da questa e quella scena rappresentata.
C’è allora chi ricorda i soggetti da me rappresentati negli anni precedenti come “La conversione di S Eustachio” – protettore di Matera, “Il figliol prodigo”, “Gesù fra i dottori”, “L’infanzia della Vergine”, “Lo sposalizio della Madonna”, “Le apparizioni di Fatima e di Lourdes”, “La fuga in Egitto”, “L’inno alla Vergine” – tanto per citarli come affiorano alla memoria.
I giorni che mancano alla festività del 2 luglio sono un fermento di preparativi e di attesa crescente: dall’operaio che appronta gli ultimi ritocchi all’illuminazione, ai venditori ambulanti e alle baracche che pullulano di articoli di ogni genere.
Come in un sogno ricordo i primi tentativi di illuminare le vie cittadine: lampade ad olio colorate che pur nella loro semplicità riuscivano a decorare in maniera, a volte pregevole, i punti centrale della città. Spesso la buona riuscita della festa, data la precarietà del mezzo illuminante, era messa in pericolo dalle avversità atmosferiche che mandavano in fumo il sacrificio di tanto lavoro e la soddisfazione di vedere illuminato il passaggio del Carro e far da cornice alle esibizioni dei concerti musicali dell’orchestra.
Fortunatamente l’energia elettrica ha provveduto a sostituire le lampade ad olio e il gas acetilenico, dall’odore alquanto sgradevole, a tutto vantaggio del regolare svolgimento della festa specialmente nelle ore serali.
Il 1° luglio, la grande vigilia, è dedicato a prelevare la Madonna dalla Chiesa di S. Giuseppe detta “Monacelle”, dove le monache hanno provveduto a rivestire l’immagine della Bruna con l’abito della solennità. Il corteo formato dalle autorità, dal Vescovo e dal Clero in “cappa magna”, si snoda per il breve tragitto da Via Riscatto alla Cattedrale dove la statua sarà deposta su un fastoso trono. Il tutto è suggellato da fragorose batterie che hanno per spettatori anche i cavalli che l’indomani parteciperanno alla festa, tanto per abituarli alle detonazioni dei fuochi artificiali. In serata, le esibizioni dei concerti bandistici sotto l’illuminazione, delizieranno i non pochi appassionati.
La campana dell’Ave Maria sveglia Matera prima del sorgere del sole, e saluta il 2 luglio chiamando i devoti alla Messa mattutina che precede la tradizionale processione dei pastori.
Usanza antichissima che rappresenta oggi il ricordo di una tradizione che in origine compendiava tutta la festa dedicata dai pastori alla Madonna della Bruna, venerata prima di recarsi al lavoro non trascurabile neppure in quel giorno così fastoso.
Dai miei genitori ho sentito descrivere la scena caratteristica che si presentava al passaggio, per le vie dei Sassi, dei pastori che precedevano in doppia fila il quadro raffigurante la Madonna avendo in mano i ceri accesi e indossando i loro costumi schiettamente pastorali.
Quando i vecchi rioni di Matera erano abitati, la gente usciva sulle soglie delle case o si affacciava alle balconate naturali dei Sassi per scorgere, gioire e partecipare al passaggio della processione che risvegliava e animava le stradine anche per il fragore prodotto dagli scoppi dei mortaretti e filari di batterie. Tutt’altra cosa si presenta oggi la processione dei pastori, seguita da molti ma con diverso spirito e partecipazione di una volta ma affidata al popolo solo per conservare l’antica tradizione.
Alla conclusione della processione, i pastori, prima di raggiungere le greggi, solevano concludere la loro festa in una cantina nei pressi della Cattedrale,dove consumavano la colazione al suono degli organetti che spesso ritmavano con salti e balletti popolari.
Non si spegnevano ancora gli echi dei canti dei pastori che già la “Cavalcata” si riuniva e attraversava le strade principali per recarsi a prelevare il “generale” comandante lo squadrone dei cavalieri.

Di qui in avanti la tradizione è più o meno rispettata anche oggi.
I cavalieri fanno bella mostra della loro divisa sgargiante di tipo guerriero romano (simile a S. Eustachio) su cavalli ugualmente guarniti di finimenti luccicanti.
La cavalcata diventa così il primo nucleo della processione che dalla Cattedrale muove verso il rione Piccianello: un tempo le carrozze sostituite oggi dalle macchine, erano il mezzo su cui prendevano posto l’immagine della Madonna con il Decano del Capitolo Metropolitano e in un’altra il Vescovo con in braccio il Bambinello seduto su una sediolina.
Lanci di bombe e incendio di batterie concludono quest’altra fase della festa.
Nel pomeriggio il rione Piccianello diventa il punto di concentrazione di Clero, cavalcata, bande musicali e naturalmente di gran parte della popolazione che tutti insieme daranno l’avvio, dopo altri fuochi artificiali, alla processione più solenne della Madonna trionfante sul Carro. Lentamente, tra due ali di popolo stretto in ressa paurosa, raddoppiato dalla partecipazione di numerosi forestieri e dei materni emigrati rientrati per l’occasione, la processione, formata dalla cavalcata, dal Clero a cavallo e, su un cavallo bianco, dal Vescovo benedicente, si muove, tra la folla acclamante, attraverso il corso cittadino illuminato a giorno dalla festosa illuminazione, e si dirige sulla cattedrale dove il Carro eseguirà i “Tre giri” che la tradizione dedica alla SS. Trinità.
La folla accalcata all’inverosimile sul largo cattedrale a stento fa spazio per lo svolgersi dei giri, ed è un miracolo che mai si sia lamentato un incidente nonostante la pericolosità per la moltitudine di gente intervenuta.
Ciò nonostante, i giovani che con fragore partecipano davanti al Carro, insistono a volere l’esecuzione di ulteriori giri fino ad arrivare a cinque, sei e più ancora.
Mentre nella piazza centrale l’attesa diventa spasmodica ed impressionante per la distruzione del Carro, sulla Cattedrale alla conclusione dei giri, giunge il momento della deposizione della statua della Madonna dal Carro che si avvia verso il supplizio cui sarà sottoposto.
A questo punto mancano pochi momenti alla vera conclusione della festa; il centro della città ormai non basta più a contenere l’enorme calca creatasi in attesa del carro; tutti cercano di non battere ciglio per non perdere, neppure per un istante, l’assalto dei giovani e la distruzione del Carro.
Tutti gli assalitori puntano alle statue principali per impossessarsi dei trofei più prestigiosi, ma naturalmente non tutti riescono e ripiegano su angioletti e rilievi decorativi. La lotta è estenuante per salvare e mantenere integro il trofeo conquistato che viene conteso spesso a svantaggio dei contendenti e allora si vedono angeli senza braccia, statue decapitate e spezzoni lacerati ma tutti ugualmente soddisfatti e entusiasti per essere riusciti a conquistare un pezzo di carro che rappresenta il ricordo del 2 luglio di quell’anno.
E’ usanza, con le statue integre conquistate, addobbare e fare bella mostra di esse nelle masserie, cantine e locali di ogni genere.
Il sacrificio è ormai terminato; la festa è conclusa. Non rimangono che i commenti popolari sulla conclusione della solennità e qualcuno tra gli anziani esclama: “BENEDETT CHERA VARGN - MAGH A MAGH AQUAN C VAN (Benedetta quella Vergine, meglio sempre meglio quest’anno che viene)! "

Distruzione del Carro - Edizione 2008

Tema-intervista sulla Festa della Bruna dell'alunna Palumbo Silvia


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Espressioni tipiche e proverbi materani

U FA-T’ D LA NETT LA MA-T-N S V(AE)-T

il lavoro della notte la mattina si vede

(solo in un secondo momento potrà essere evidenziato un lavoro già svolto)

PU SF-L D CAPP-TTE-L S LA ‘NG-GN(AO)’ LA MADONN D LA BRJI-N

per lo sfizio di mantella la indossò per la prima volta nel giorno della Madonna della Bruna - festa patronale del 2 luglio

(pur di soddisfare un desiderio, lo si attua fuori stagione)

VE CCHIO’NN F-ST-N Y M-R-T-CJI-DD

va cercando feste e funerali

(riferito ad un nullafacente)

U TA-N CCHIU’ SSJI-S D L’O-T

ce l’ha più in alto degli altri

(in riferimento al prepotente)

TAND CH TAND NAN Z TAN-G-N

neri con neri non si tingono

(riferito a persone potenti - oppure - che hanno lo stesso carattere)

CIUCC F(AO)TT Y CO-L PE-J

Ciccio fotte e Nicola paga

(c’è chi paga per il godimento degli altri)

DA NA CAPP-TTE-L NAN Z FE-SC ‘N CUAPPJI-DD

da una mantella non si fa un cappello

(per incuria e incapacità a volte non si riesce a mantenere anche una piccola parte dell’intero patrimonio)

BBU-N SI’ TI-J BBU-N SO’ JJ Y STOM-N N’ATA ZZ-CH

buono sei tu buono sono io e stiamoci ancora un po'

(cattiva voglia di lavorare)

SI’ CO-M A SANT L-NCJ-N

sei come San Lincino

(gracile, esile, malaticcio - come S.Lincino, così rappresentato nell’iconografia popolare)

IA-T CO-M A L’ONG-L D DRAT O CUO’RR

è come l’Angelo di dietro al carro

(malriuscito, come l’Angelo di cartapesta che si mette non in bella vista sul carro trionfale del 2 luglio)

IA-T CO-M N SQUAGGHIA-MB-S

è come uno squattrinato

(riferito a persona priva di ogni sostanza)

IA-T CO-M N PA-L-MMJI-DD

è come un colombino

(riferito a persona dai molti capelli bianchi ed elegante nel portamento)

IA-T CO-M N CUALAN-DR(AO)N

è come un passero adulto

(riferito a persona bassa e robusta)

O’ VJI-T U PEST - ha avuto il posto

V(AO)CH ALLA PEST - vado alla posta

O’ VJI-T LA PEST - ha avuto la peste --------------------------------------------------------

M’EGGHIA MANGE’ LA POST - mi devo mangiare la pasta

IE’ SEMP U STESS POST - è sempre lo stesso pasto --------------------------------------------------------

I’ D-V-NTE-T N PUST - è diventato (come) un pesto

AGG-RE-V ATTIRN ALLA PUST - girava intorno alla pista

(particolarità sul significato di uno stesso termine dialettale)

U SAP(AO)R D LA M-NESTR U SE-P LA CH-CCHIE-R

il sapore della minestra lo sa il cucchiaio

(solo chi è dentro, fino in fondo, alle varie situazioni della vita ne conosce esattamente ogni particolare)

DJI-R PINT FINCA FA-C-M U CHINT

duri il punto (cucito) finchè facciamo il conto

(riferito a quanti nel commercio assicurano la garanzia fino al momento del pagamento)

CO-M S MA-T ? CH LA FU-R-C

come si miete ? con le forbici

(testardaggine in una convinzione sbagliata)

MATERA COM'ERA - MATERA COM'E' - MATAR FISCIA FISC

Musica folk

MUSICA FOLK

Canti popolari materani e canzoni "a rambègn" (a dispetto)

Espressioni tipiche e proverbi baresi

Espressioni tipiche

A muzz - A manciate, in quantità non ben definite

A un certo livello - Di classe!

Acchiamind stu panoram!-Guarda questo ben di Dio

Annusce u mmire-Può cortesemente portare un’altra caraffa di vino?

Ascinne dall’elicott:r-Torna con i piedi per terra, non fantasticare

Auand’!-Attento!

Aueee’!-Egregio signore abbia la compiacenza di prestarmi un attimo della sua attenzione (anche al plurale)

Babbione-Persona un po’ dolce di sale

Bell bell!-Non avere fretta!

Ce rimmat’!-Che porcheria!

Ce tip’!-Che personaggio pittoresco!

Cambiare l’acqua alle olive-Andare a fare pipì

Capisci!-(Intercalare molto usato)

Capooo!!-Usato per chiamare il Maitre, il Cameriere, o il Custode

Caricacchiacchiere-Persona dalle molte parole e dai pochi fatti

Citt citt a’ffa la jos!-Per cortesia fate meno baccano!

Ciungomma-Chewing gum

Cund’ue-Non ce ne importa nulla, Ce ne freghiamo

Dia dà nu tuzz’-Se non la smetti mi vedrò costretto a colpirti con una testata

E mò si ttu!-Ed ora sei tu!

Flippato-Momentaneamente o perennemente rincretinito

Gibillero-Baldoria, Caos piacevole

Gocciadavè-Che ti prenda un colpo!

Iapre l’ecchie! Che ad achiute non ge vole nudd’!-(In risposta ad una offesa) Apri gli occhi! Che a chiuderli è molto facile!

Live le man dauppane-Codesta se permette è roba mia!

Megghie a ffart’ na vstut’!-Esclamazione verso chi mangia tanto

Mò!-Adesso

Mooh, e ci è ddo!-Ma guarda che posto carino!

Mò mange!-Eh, stiamo freschi! Eh, campa cavallo..!

P’gghià nu pr’quech-Fare una papera

Piciacchina-Ragazza carina da circuire

Puerc!-Porco!

Rid m’bacce a sta f’lar d’ vttun!-Letteralmente: Ridi in faccia a questa fila di bottoni (sempre che si indossi un 501)

Rifaldo-Imitazione grossolana (riferito a una persona o un prodotto)

Sciacqualattuga-Persona che non vale una lira

Sciampista-Donna molto appariscente dal facile pettegolezzo

Scimmiatore-Gigolò da quattro soldi

Sdreus-Soggetto anomalo, oppure oggetto dalla forma inusuale o storta

Sgamuffa-Imbroglietto da quattro soldi

Si ccapsciut cazz ch fcazz e chigghiun ch llambasciun!-Hai preso lucciole per lanterne!

Si ppropie du iun!-Sei proprio ingenuo ! (il comitato di Napoli iun non c’entra)

Sciamaninne, sciam’!-È’ ora di rimboccarsi le maniche!

Sort d’ chzzalon’!-Dicesi di persona un po’ rustica, quasi ruspante

Sort de perchia!-Che bella ragazza !

Stare alle cozze-Aver alzato un po’ il gomito

Statt’ bbun!-Ciao, arrivederci!

Tacchiisce!!-Gira i tacchi e vattene, Stai alla larga!

Ti dò gusto-La tua idea mi entusiasma

Tufagn-Duro di comprendonio

U curt’ non arriv’ e u frascech’ non ammandene!-Ma non ti va bene niente?

U mee’!!-(Vedi Capoo!) (per richiamare l’attenzione)

Uagliò!-Ragazzo! (anche plurale)

Uè la zamp’!-Versione femminile di Sort de Chzzalon’

Uè sciangat’!-Ehi, tu che zoppichi!

Uè spadriat’!-Ehi tu, apolide!

Una storia di gomma-Una situazione alquanto insolita

Vattinn’ au larg-(Vedi Tacchiisce)

Vattinn’ và!-Ma và, burlone!

Villacchione-Persona poco affidabile

Zite de Cegghie-Zitella (usato anche per definire colui o colei che sono rimasti con un pugno di mosche in mano)

Capo! = Hey, ragazzo!

Cê uè? = Che vuoi?

Cê jié? = Che c'è?

Stattê Cittê! = Stai Zitto!

Ma vattinnê! Va! = Vai via!

Madò = Madonna! esclamazione molto usata per qualsiasi espressione di sorpresa, positiva o negativa. Per aumentarne l'enfasi si prolunga la durata della "a" e della "o" (Maaadooò!!!).

= contrazione di Madò usato come intercalare per qualsiasi espressione di sorpresa, positiva o negativa. Per aumentarne l'enfasi si prolunga la durata della "o" (Mooò!).

Mé/emmé? = forma dialettica di Embè? (Ebbene?)

Mejnê = esclamazione utilizzata per affrettare qualcuno nella conclusione di qualcosa: una traduzione in italiano potrebbe essere: Muoviti, fai in fretta!

Ci/Cê jiorê sò? = Che ore sono?

Mocchê a chi te bbivê! = lett. mannaggia a chi ti è vivo! (frase usata nei più vari contesti per sottolineare un'azione o una frase notevole di taluno)

Auuandê!/ "Auuandê a Peppinê!" = letteralmente: agguanta!(acchiappa)/agguanta a Peppino!(frase usata nello stesso senso dell'espressione italiana "attento!", soprattutto in caso di cadute)

"Sanda Lucie!" = letteralmente: Santa Lucia. Si utilizza quando un oggetto che si sta cercando e non si riesce a trovare lo hai sotto gli occhi

"Ou!" = intercalare caratteristico di chi vuole attirare l'attenzione altrui(Ehi!).

"Naaaa!!!!" oppure "Iiiiiii!!!!" = espressione di sorpresa, incredulità o meraviglia.

"Tzè" = caratteristico suono onomatopeico ottenuto dallo schioccare della lingua sul palato duro durante l'aspirazione(simile a quello tipico per chiamare gli animali).usato anche in altre zone italiane.

"We R'mmat!!!" = italianizzato "ehi rimmato" ossia "rifiuto".Insulto.

"Mamma mè!!!" = mamma mia!!!

"Sì tarat!" = Sei tarato

"We fà?= vuoi cupulare?

Proverbi

Carna triste non la vole u diàue e manghe Criste (La gente cattiva non l'accetta nemmeno Dio)

Ce bedde uè parè u uess pezzidde t'àv'a duè (Se vuoi migliorare, specie nell'aspetto fisico, devi fare molti sacrifici)

Nessciune nasce ambarate (Chiunque ha bisogno di imparare)

Sanda Tarese pagò pe sendì e iì sèndeche ndune (letteralmente: Santa Teresa pagò per sentire e io sento gratis; ossia: è meglio che taci poiché dici cavolate)

'U tavute non tene le palde (La bara non ha tasche; ovvero Una volta morto i soldi non servono).

Nu tuffê do, nu tuffê dà, fing alla finê ngê'la ma fà (Riusciremo con calma)

Ce nge n'am'a scì, sciamaninne, cê non nge 'am'a scì, non nge ne sime scenne! (Se ce ne dobbiamo andare andiamocene, se non ce ne dobbiamo andare non ce ne andiamo). Scioglilingua per provare la "pugliesità" di un soggetto.

'U pulpe se cosce iinda all'àcqua so stesse (Il polpo si cucina nella sua stessa acqua)

Dalle e dalle che se chieche u metalle(Chi la dura la vince)

Si fatte la fegura to! (Hai fatto la tua figura)

Facime la fine de le scarcioffe' (Facciamo la fine dei carciofi)

Avime fatte trende, facimê trendune' (Abbiamo fatto trenta, facciamo trentuno)

Si cadutê da jind'au littê' (Sei caduto da dentro il -lett. "al"- letto)

Passatê u sande passate la feste! (ogni cosa a suo tempo)

Ammandìneme ca t'ammandenghe! (Mantienimi che ti mantengo)

Stame sott'au cìele! (Siamo sotto il -lett. "al"- cielo)(notare come la ìe di cìele diventa, con la e semimuta una "i" allungata)

E iune!.....disse cudde ca cecò l'ècchie a la megghiere' (E uno!...disse quello che cecò un occhio alla moglie)

Mazze e paneddê fàscene le fìgghie bedde; pane senza mazze fasce le fìgghie pazze (Bastone e pane fanno i figli garbati, pane senza bastone rende i figli sgarbati)

U Padreterna da u pane a ci non tene le dìendê! (Il padreterno dà il pane a chi non ha i denti)

Ci tene pane non tene dìende, ci tene dìende non tene pane (ad ognuno manca qualcosa che ha l'altro)

Ci sckute ncìele mbacce le vene (Non sputare in cielo, poiché ti tornerà in faccia)

La cere se strusce e la pregessione nan camine' (Le risorse si consumano, ma il risultato non si vede)

Sciame a scette la sccosce (Andiamo a buttare l'immondizia)[attenzione in frasi rette dal verbo scì a = andare a ed il verbo stà a = stare a non si usa l'infinito ma l'indicativo vedi grammatica del Giovine]

L'àcqquê iè picche e la papêrê nan gallegge' (L'acqua è poca e la papera non galleggia, usato per indicare una qualsiasi intenzione che non può andare avanti per mancanza di possibilità)

Jè bell la pulizie, dcie cudd ca s jrò l mutand all'ammers!!! (È un sollievo essere puliti, disse colui che indossò le mutande al contrario)

U vov discj crnut o ciucc!!! (Il bue disse cornuto all'asino)

Di a dà l schcaf a du a du fin a che non dvendn dispr!!! (Di tiro i ceffoni a due alla volta fino a che non diventano dispari)

Va a pigghj a schcaf l marang p fal dvndà rus!!! (Vai prendere a schiaffi le arance per farle diventare rosse)

A scanjat caz p fcaz e chigghiun p lambashun!!! (Hai scambiato cazzi per focacce e coglioni per lamponi. Hai preso fischi per fiaschi)

U uòmmene da la tèrre vène a la tèrre se ne và. (L’uomo dalla terra viene e alla terra va)

Oggnùne tire l’àcquè a la vìa so. (Ognuno tira l’acqua al suo mulino)

Arrèvate a la quarandìne lasse la fèmmene e ppìgghie la candìne. (Arrivato ai quarant’anni lascia la compagnia delle donne e frequenta quella degli amici)

Le dìscete de la mane non zzò ttutte euàle. (Le dita della mano non sono tutte uguali)

O uòmmene sènza varve e a ffèmmene senza fìgghie, non zi scènne né pe piacère né pe chenzzìgglie. (A giovani inesperti e donne senza figli non andare a chiedere consigli: non hanno esperienza)

Na porte s’achiùte e ccìinde se iàbbrene. (Una porta si chiude e cento se ne aprono)

U cemmerùte e ggamme settìle, non iè iòmmene pe ffà le file. (Il gobbo con gambe sottili non è uomo idoneo per fare figli)

Nessciùne zzèppe iè dritte. (Nessuno zoppo è dritto. (Chi ha difetto fisico ha difetti nell’animo)

Iòmmene pelùse iòmmene ferzzùse. (Uomo peloso uomo forte)

U lènghe iè bbuène a ccògghie fiche, e u curte pe marìte. (L’uomo alto è buono per cogliere fichi, il basso è buono come marito)

U muerte iè muerte, penzame a le vive. (Il morto è morto, ora pensiamo ai vivi)

Ci tratte se mbbratte. (Chi tratta con lo zoppo impara a zoppicare)

Nessciune nasce ambarate. (Nessuno nasce istruito)

Cê non vole fà nu chilometre ne fasce du. (Chi non vuole fare un chilometro ne percorre due)

U sàzie non crede au desciune. (Il sazio non crede all'affamato)

Non si sckut iinde o piatt addò te si strafquate (Non sputare nel piatto da dove hai mangiato a sazietà: usato per chi parla male di qualcosa che gli ha permesso di vivere ad esempio un vecchio posto di lavoro)

Ce Criste vole arroste l'ove (Se Cristo vuole arrostisce le uova; ovvero Se Dio vuole può tutto, perfino arrostire le uova, cosa decisamente impossibile)

Na parole ié picche e due so assai (Una parola è poca e due sono troppe: usato per dire a chi parla troppo, di stare zitto)

"Uè facce da du de novembre!!"(lett.-faccia da due novembre-ovvero faccia estremamente triste o brutta)

"Uè facce da cicche e ciacche!!"(Faccia da schiaffi!!!!)

"Iapre l'ècchie, ca ad achiùde non nge vole nudde!" (Apri gli occhi,perché a chiuderli ci metti poco,ovvero stai attento)

"Megghj nu quindal n'guedd che nu quind n'gul" = (Meglio un quintale sulle spalle che un quinto(200g) nel deretano)

"Na parol d men e rtirete a cast" (corrisponderebbe in italiano a: la parola è d'argento ma il silenzio è d'oro)

BARI COM'ERA - BARI COM'E'

FOLK BARESE

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